Gara Colosseo, basta fare cassa con il bene pubblico: giù le mani dal patrimonio culturale, internalizzazioni subito!

Roma -

La Sentenza del Consiglio di Stato n.2259 del 16 marzo 2021 interviene con conclusioni particolarmente chiare e significative sul tema privatizzazioni che USB denuncia da molti anni come una delle principali distorsioni della gestione privatistica dei beni culturali nel nostro paese.

Il Tribunale amministrativo di massimo grado sancisce, relativamente alla gara per l'affidamento dei servizi di biglietteria e vigilanza del Colosseo e siti collegati, una situazione di abuso del meccanismo delle concessioni nei luoghi della cultura, che lascia ai privati gli incassi degli ingressi, sottraendoli alle casse dello Stato.

La possibilità di esternalizzare i servizi di tali luoghi, originariamente prevista dalla Legge Ronchey nel 1993 e successivamente normata dal Codice dei Beni Culturali del 2004 così come dal recente Codice degli appalti, dovrebbe, rispettando l’orientamento normativo, rientrare nella logica di “valorizzazione” dei beni pubblici.

Invece, come sentenzia il Consiglio di Stato, tale logica è stata al contrario l’occasione per favorire il capitale privato nell’ottica di fare profitto con il bene pubblico. Al contrario la ratio delle esternalizzazioni e in particolare delle concessioni dovrebbe essere quella di incrementare il valore del bene comune pubblico tramite l’erogazione dei servizi aggiuntivi (come la didattica ad esempio) e non un espediente per “fare cassa” con le biglietterie.

Questo è ciò che avviene attualmente in molti siti culturali del paese, configurando così un vero e proprio danno patrimoniale allo Stato e non certo la valorizzazione ulteriore del bene pubblico.

Abbiamo rigettato e denunciato da anni questo sistema che nell’ottica della concorrenza per accaparrarsi gli introiti dei biglietti, aumenta la precarietà del lavoro, riduce diritti e prorogative e aumenta lo sfruttamento delle lavoratrici e lavoratori dipendenti delle società concessionarie e non.

Dimostrazione è il fatto che in questo momento di crisi pandemica e chiusura dei luoghi culturali sono a rischio gli attuali livelli occupazionali, salariali e di reddito in particolare per tutte le categorie di lavoratori del turismo, spettacolo, cultura che sono in cassa integrazione con una riduzione dello stipendio del 30% circa e con ritardi dei pagamenti che superano le due mensilità.

USB ribadisce che l’unica soluzione è rilanciare la gestione pubblica del patrimonio culturale sottraendolo alla logica perversa del mercato privato, internalizzando, servizi, attività e lavoratori  ridando così dignità e diritti a migliaia di loro.

 

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